Oltre la gabbia delle diagnosi:
corpi danzanti, capacità trasformative
di Claudia Pretto, Lucia Gaviani, Beatrice Catanzaro
Il testo che segue è un racconto, una testimonianza e un dialogo di persone che hanno intrapreso
un viaggio di consapevolezza attraverso l’esperienza della malattia, andando
oltre la categorizzazione delle diagnosi mediche, cercando di scardinare la relazione
di potere che troppo spesso pervade il sistema sanitario: vincere la malattia o soccombere.
Le voci di Claudia e Lucia intrecciano storie di persone che non hanno scelto la strada del combattimento,
né quella di polarizzarsi in una dinamica di azione e reazione con la malattia.
Hanno invece scelto la via dell’ascolto, della comprensione e della cura delle ragioni profonde, non solo dei sintomi.
Queste voci raccontano il paradosso della malattia come opportunità
per intraprendere un viaggio unico e irripetibile, poiché ogni storia personale è una drammaturgia che,
pur intrecciandosi con altre storie e con la Storia, non si ripete mai identica.
La diagnosi, pur necessaria, fissa e categorizza, separandoci semplicemente in : “malati” e “non malati”,
inserendoci in protocolli, non offre da sola strumenti per comprendere il mistero drammaturgico della malattia.
Claudia e Lucia hanno iniziato ad ascoltare ogni cellula del proprio corpo attraverso
il movimento, la danza e l’arte, per continuare a vivere oltre lo stigma della diagnosi
e comprendere quale fosse la loro drammaturgia personale ed unica. La nostra intenzione
è quella di illuminare percorsi dove si è scelto di non considerare la ferita, la malattia
come un antagonista estraneo, malefico e casuale, ma come un compagno
di viaggio da conoscere e comprendere, perché parte integrante del proprio corpo e della propria storia.
Un compagno che appare con puntualità per segnare una nuova via di
comprensione del proprio viaggio, breve o lungo che sia, consapevoli che il tempo
è un dato ininfluente per il viaggio dell’evoluzione dell’anima.
Saggio di danza associazione e20danza (https://www.e20danza.art),
Castello di Romeo Montecchio Maggiore, 27 giugno2021
La ferita della malattia si trasmuta in fessura
di luce e profonda connessione
Claudia Pretto
Per il sistema sanitario sono una donna affetta da endometriosi e fibromialgia.
Ho affrontato il calvario della diagnosi, ho incontrato insulti da parte del personale
medico durante i ricoveri d’urgenza per dolori lancinanti, liquidata come ‘stressata’
mi sono messa in ascolto del dolore per capire cosa voleva dirmi nel profondo realmente.
Questo percorso si è intrecciato con incontri con medici ed artisti illuminati.
Ho cercato di andare oltre le categorizzazioni delle istituzioni sanitarie
che rischiano di obliterare l’unicità che la singola persona porta in dono
nel viaggio attraverso la propria ferita. Dopo la diagnosi mi sono sentita
come imprigionata in un corpo perennemente dolente che non sentivo più come mio:
il dolore fisico continuo, la fatica del dolore, l’assenza di una vera cura erano
una condanna fine pena mai.
Ho trasformato a poco a poco le ferite, visibili e invisibili, dell’endometriosi in fessure di luce
da cui sono nate poesie e connessioni artistiche, fra queste l’incontro con
Beatrice Catanzaro con la quale abbiamo iniziato ad interrogarci su quelle procedure,
sia in ambito giuridico che artistico, che non mettono al centro la dignità umana,
ma la negano, attraverso categorizzazioni e protocolli[1].
Il mio impegno da giurista mi ha portato ad incontrare migliaia di donne e uomini violati,
costretti a fuggire dalle persecuzioni che spesso hanno toccato i loro corpi, oltre che le loro anime.
Donne vittime di schiavitù sessuale e infibulazione, i cui corpi erano stati violati e oggettivizzati.
Nonostante gli orrori, vedevo la luce nei loro occhi: lì davanti ad una ragazzina nigeriana di 16 anni
che mi raccontava che era stata schiava sessuale in Libia, strappata dalla famiglia
e privata della sua fanciullezza, lì davanti alle giovanissime schiave yazide,
vendute e rivendute nel silenzio totale del mondo, sentivo e vedevo i loro occhi brillare[2].
Nel mio lavoro come funzionaria presso l’UNHCR ho ascoltato migliaia di donne e uomini violati,
uomini e donne in fuga perché perseguitati[3]. Grazie alla mia esperienza di dolore fisico
e psichico personale si è aperto un canale di dialogo al di là della mera funzione dell’ascolto
per l’accertamento della loro domanda di asilo: un canale di comprensione del viaggio
di ogni essere umano che può trovarsi a vivere terribili ferite ed è chiamato a trasformarle.
Ascoltandoli, trascrivendo le loro storie era come essere allo specchio.
Ho così compreso come anche io, come loro, vivevo la possibilità del viaggio evolutivo:
quello del corpo che trasmuta il dolore attraverso la consapevolezza personale,
attraverso l’ascolto del proprio profondo, della propria anima, per cogliere
il senso reale della propria storia. Quegli occhi erano un richiamo alla vita:
tutte le ferite, anche quelle nel mio corpo volevano dirmi altro:
trova la bellezza oltre il dolore e creala.
Progressivamente si è dischiusa la consapevolezza della trasmutazione,
mi sono affidata al flusso vivendo la malattia come un viaggio di comprensione,
esattamente come quello dei migranti, dei richiedenti asilo che incontravo.
Affidandomi a quel flusso di trasmutazione, ho scoperto la bellezza
che possiamo creare e che ci abita sempre. Le persone che vivono traumi per persecuzioni,
patologie, perdite, violazioni spesso si trovano tutte a sperimentare il mutamento della relazione
con il proprio sé più profondo, questa nuova relazione modifica un po’ alla volta
sotto la pelle la consistenza delle cellule del corpo fino alla percezione e alla consapevolezza del proprio esistere.
Alla fine del 2017 ho lasciato il mio lavoro presso le Nazioni Unite e sono tornata
nella città dove viveva la mia famiglia, Montecchio Maggiore,
anche in seguito alla diagnosi di cancro al polmone di mio padre, poco dopo la guarigione
dal cancro al seno di mia madre. Cercavo qualcosa che potesse accompagnare
i miei genitori in modo saggio lungo il viaggio della malattia, qualcosa che
li riconnettesse alla vita, alla gioia.
Dialogando con una mia vecchia amica, compagna di danza ho saputo delle classi di danza
create grazie alla saggezza di Noemi Meneguzzo, una “cancer survivor”,
capace di andata oltre la violenza e i limiti della malattia.
Ho così scoperto il progetto di danza “I dance the way I feel”[4],
nato per persone affette da cancro e per i loro familiari, una danza abbinata al Qi gong[5].
Ho accompagnato i miei genitori alle classi di danza organizzate dal progetto di Noemi Meneguzzo,
lì ho incontrato la semplice bellezza di anime coraggiose che danzano in corpi che,
pur decretati malati, sono immensamente vivi. Ho colto la luce negli occhi e dai corpi,
una luce di gioia, colore e calore che sentivo in risonanza con quanto
avevo vissuto personalmente e quanto avevo incontrato nelle storie, nei volti
e nelle vite delle persone in fuga da persecuzioni e violazioni: il potere del dolore e della violenza
messi all’angolo per lasciare spazio a vita e alla consapevolezza del senso del viaggio.
La danza è diventata metodo di ascolto del mio corpo e di quello degli altri attorno a me.
Con il ritorno alla danza si è riattivata l’innata spinta creativa, quella che avevo da bimba,
quando scrivevo poesie ai margini dei tovaglioli, dei libri, su ogni pezzetto di carta.
Ho rivissuto il mio corpo come strumento di libera espressione e dunque sono tornata
a scrivere e dipingere senza paura del pensiero giudicante. Tutto è diventato come nella danza:
un portare alla luce. Nella danza, il percorso di dolore dovuto alle persecuzioni
e alle malattie si è trasmutato non in una mera esibizione performativa esteriore,
è diventato per me, e per le persone che ho coinvolto in alcuni progetti,
un cammino di consapevolezza, fra tutti quello del portare la danza
ad una formazione per oltre 150 funzionari a Tunisi[6].
L’incontro con Noemi Meneguzzo, Lucia Gaviani,
con i maestri di danza Michela Negro, Simone Baldo,
con tutti gli altri compagni di danza mi ha condotta
attraverso un’esperienza iniziatica: “ all’arte della bellezza incarnata”,
bellezza che risiede nel nostro corpo a prescindere dal fatto che sia dichiarato malato
perché il corpo è vivo per questo è sempre splendidamente bellezza incarnata.
Ho deciso di raccontare la mia storia, la storia dei migranti che mi è stata donata,
in un libro di poesie e quadri: “ Del senso del viaggio dentro ed oltre”.
Un libro che racchiude tanti volti, storie, ferite trasmutate in parole, immagini e colori intessuti
in una raccolta che è stata utilizzata da danzatori di danza sensibile, da docenti e formatori
in contesto di coaching, ogni pagina racchiude un messaggio che può essere fatto proprio,
portato nel proprio percorso attraverso la parola, le immagini e il corpo[7].
Ho donato questo libro a diversi compagni di viaggio danzatori: nove fra loro
si sono lasciati abitare da poesie e quadri e li hanno liberamente trasposti in un percorso toccante,
emozionante e suggestivo portato in scena in una vecchia rimessa di treni: anime consapevoli in viaggio[8].
Danzatore, coreografo Marco Casoli, dalla presentazione del libro
di poesie di Claudia Pretto, performance danzata :
“Del senso del viaggio dentro ed oltre, poesie e quadri da toccare,
danzare e respirare”, 20.12.2023 ,
Montecchio Maggiore Vicenza. Foto di Matteo Castagna, https://matteocastagna.com
La diagnosi di cancro come rinascita
nella comprensione del viaggio dell’anima danzante
Lucia Gaviani
Nel 2016 mi è stato diagnosticato un cancro,
ma non mi sono mai chiesta : “perché proprio a me?”
Mi sono posta altre domande:
“C’è qualcosa nel profondo della mia anima che mi ha portato a vivere questa esperienza?
Cosa è accaduto nella mia infanzia, nella mia adolescenza,
lungo il mio percorso fino a questo momento? Cosa posso imparare da tutto questo? “
Così ho interrogato il mio percorso di evoluzione dell’anima,
consapevole che ognuno di noi lo fa in modo diverso.
Credo che ci siano persone che, per paura di guardarsi dentro,
evitano di porsi domande, rimanendo al di fuori della comprensione del senso della propria vita.
Ho deciso, quindi, di non permettere che la malattia e il dolore prendessero il controllo su di me.
Ho scelto di affrontare la prova che la vita mi aveva posto davanti,
senza lasciare che la mia vita, la mia anima e la mia mente soccombessero alla malattia.
Ho incontrato la meravigliosa amica e compagna
di viaggio Noemi Meneguzzo e il progetto: “I dance the way I feel[9]”,
grazie ad un volantino presso il reparto di Oncologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza,
sito al Quinto Piano, da lì il nome del gruppo: “Amici del Quinto Piano”
del quale faceva parte Noemi e del quale oggi sono volontaria[10].
Da sinistra Noemi Meneguzzo
durante le classi di danza nel progetto “ I dance the way I feel”
Ho chiamato il numero di telefono sul volantino,
mi ha risposto Noemi. E’ stato l’inizio della nostra amicizia
e del mio essere parte del progetto di Noemi:
danzatori che vivono un viaggio di consapevole bellezza e trasformazione da dentro, non persone malate.
Chi partecipa alle classi si chiama danzatore,
nessuno è identificato e stigmatizzato dalla propria malattia.
Si toglie così potere alla malattia per darlo alla propria libertà di esprimersi ed essere.
Le classi si svolgono tutti i sabati mattina presso la Pinacoteca di Vicenza.
Danzare in luoghi d’arte e nella natura è dimostrato, già da progetto “Dance Well”,
che stimola i neuroni specchio ed aiuta nel percorso di cura.
Classi di danza presso la Pinacoteca di Vicenza progetto :
“I dance the way I feel”, classe tenuta dalla danzatrice,
insegnante e coreografa Giovanna Garzotto
Ricordo una danzatrice, di nome Michela, che iniziò a danzare con “I dance” nel 2017.
Michela diceva, riferendosi alla sua malattia, che non era pronta,
che era arrabbiata, dopo pochi mesi morì e morì arrabbiata. Il cancro è una prova, una crepa che ti si forma.
Come disse Leonard Cohen : “una fessura di Luce” ,
io ora so con certezza che se hai la pazienza e la volontà che entri Luce,
quella fessura ti ritrasforma, non è necessario sfidare la malattia,
la devi alimentare cambiando tu.
Se fino a prima hai vissuto una vita con rabbia, dove non eri felice
sei chiamato a cambiare, puoi rinascere .
Solo tu puoi decidere di avere cura di te stesso,
ma questo ci dice che non bisogna aspettare una malattia per iniziare a prendersi cura di sé.
Ci sono eventi nella vita che non possiamo spiegare,
ma possiamo ascoltarci e prenderci cura: una cura che va oltre il corpo.
Il nostro corpo racconta la storia di un’anima in viaggio,
dove la malattia diventa un’opportunità per trasformare una ferita in una fessura di luce,
che ci guida al cambiamento e alla trasmutazione.
Negli ultimi anni ho riscontrato molta indifferenza, anche durante i banchetti in cui parliamo
del progetto e raccogliamo fondi per garantire l’accesso alle classi di danza del sabato mattina.
La gratuità, insieme al non giudizio, è uno dei pilastri fondamentali del progetto,
e ci impegniamo a offrire a tutti i partecipanti, la possibilità di prendere parte
a queste lezioni senza alcun costo. L’indifferenza è immensa solitudine.
Quante persone rimangono sole perché un familiare o il proprio compagno o compagna
non riescono a sopportare la malattia?
Noemi ha percorso 14 anni di viaggio attraverso la malattia con la danza,
portando alla luce la bellezza oltre la malattia, e mostrando come la malattia possa essere una possibilità evolutiva.
La sua diagnosi era delle peggiori, ma è vissuta 14 anni perché
ha scelto di vivere il viaggio della malattia oltre il potere della malattia stessa:
da alchimista di bellezza che si è irradiata da lei oltre se stessa verso gli altri
e ha condotto alla creazione di un progetto che ha vinto
la sua stessa morte corporale e prosegue in aiuto e supporto di tanti.
Non è stata la malattia a sconfiggere Noemi.
Noemi ha lasciato questo mondo, è riuscita ad essere consapevole
e presente andando oltre il potere della diagnosi[11].
Quando ho vissuto la recidiva del cancro al seno, mi sono chiesta:
“perché io devo continuare a vivere in questa cosa?
perché devo proseguire la mia vita come se nulla fosse quando
io sono diventata un’altra persona?” Io sono cambiata.
Chiunque viva un trauma, cioè un’esperienza di ferita e violazione
si trova a non poter essere più quello di prima.
Chi subisce un trauma e perde un arto, o, come me, un seno,
deve imparare a vivere in un nuovo corpo se scegli che la malattia
è una opportunità per cambiare, per trasformare, raccogli lungo
il viaggio tantissime nuove capacità che ti consentono di espandere il sentire di sé e del mondo.
Grazie al progetto di Noemi che porto avanti dopo il suo passaggio,
mi immergo nei viaggi degli altri danzatori, nelle loro esperienze e trasmutazioni.
Attraverso una danza vissuta non come arte performativa fine a se stessa
ma come strumento per riabitare il corpo.
L’incontro di anime danzanti
Claudia e Lucia si incontrano nel 2017 nasce un’ amicizia e una contaminazione immediata di esperienze.
Oggi Claudia e Lucia continuano a danzare anche grazie ai maestri Michela Negro e Simone Baldo
che mutuando l’esperienza di Dance Well[12] avevano supportato Noemi Meneguzzo nel rendere realtà :
“I dance the way I feel” grazie alla Fondazione San Bortolo e al gruppo “Amici del Quinto Piano”.
Tale progetto è stato il primo progetto di danza attivato da Noemi con
Michela Negro e Simone Baldo per il recupero di un rapporto positivo con il proprio corpo,
la prevenzione del linfedema, lo sviluppo della creatività, la promozione
della fiducia in se stessi e negli altri. Noemi così lo raccontava[13] :
” E’ importante che la persona che sta affrontando la malattia,
e che si sente tradita dal proprio corpo o dalla vita in generale, riesca a darsi una possibilità.
Il cancro é, purtroppo, nella nostra società, ancora sinonimo
di morte e viene vissuto quasi con un senso di colpa e di vergogna…
La danza é leggerezza, grazia…
é un incontro con la bellezza dentro di noi,
dentro quel corpo che ci tradisce ma che ci fa anche Vivere…
Io convivo da più di cinque anni con un cancro metastatico
e lo studio del Qi Gong e della danza, negli ultimi tre anni e mezzo, é per me una panacea,
é terapeutico, é la ‘normalità’ nella mia vita, dunque ho cercato il modo di offrire
questa esperienza anche ad altre persone come me“.
Il progetto di Noemi, che ora altri volontari proseguono, grazie alla disponibilità dei danzatori ed insegnanti:
Michela Negro, Simone Baldo, Francesca Foscarini, Thierry Parmentier,
Beatrice Bresolin, Roberto Casarotto, Andrea Rampazzo e altri ,
per quanto concerne la danza moderno-contemporanea rivolta a pazienti oncologici è unico in Italia,
non si trovano ancora protocolli ed esperienze analoghi a livello internazionale.
Essenziale, proprio per volontà di Noemi sono state: la gratuità del progetto
e la formazione del gruppo degli insegnanti sotto la guida della fisioterapista
Elisa Busbani, della psicologa e psicoterapeuta Marina Pisani e dell’oncologa Marcella Gulisano[14].
Spettacolo: Sogno un mondo che Danza,
danzatrici progetto: “I dance the way I feel”, teatro San Marco,
Vicenza , 7 ottobre 2023, https://www.amicidelquintopiano.it/sogno-un-mondo-che-danza-7-ottobre-2023/
Dialogo di Claudia e Lucia
Cara Claudia spesso ricordo la luce negli occhi di Noemi,
lei che ha saputo trasformare in bellezza il viaggio della malattia.
Cara Lucia esattamente io colgo la stessa cosa nella luce delle persone migranti,
richiedenti asilo e in voi danzatori compagni di viaggio: la trasmutazione del potere
che viola non ha potere perché queste anime trasformano sempre e continuamente.
Forse queste malattie definite moderne come i cancri ci colpiscono qui in Occidente
perché abbiamo perso una capacità di vivere la Bellezza della Vita?
Eh sì, forse sì Claudia, questo Occidente ha tutto ma non ha nulla.
Mi dicono spesso : “a me non accadrà mai questa cosa”
io rimango perplessa e mi chiedo
: “Tu dove sei realmente ? Dove vivi? Come vivi il tuo viaggio”?
Eh sì Lucia, finché riguarda il corpo dell’altro non ci riguarda,
ma io ringrazio di avere sofferto sul mio corpo
perché il dolore devastante dell’endometriosi mi ha fatto comprendere
il dolore delle donne violate, abusate che ho incontrato.
L’aver vissuto tanti traumi, portare delle crepe sul proprio corpo e nell’anima,
diventa una possibilità per scegliere se lascio
che sia il potere del dolore a vincere o scelgo di trasmutare.
Noi come Noemi, come i migranti in fuga che hai incontrato,
come quelle persone in luoghi di violazione che hanno gli occhi che sorridono,
noi abbiamo scelto di non lasciare potere al dolore,
alla malattia e alla violenza e alle definizioni ,
ma di metterci in un nuovo viaggio di conoscenza, consapevolezza
per portare alla luce e trasmutare oltre la gabbia della malattia.
La malattia è un percorso che si fa richiamo a prendersi cura di sé
a trasformarci da dentro, ogni parte di noi chiama alla trasformazione
consapevole affinché portiamo l’attenzione alla nostra storia.
La storia della quale siamo protagonisti creatori, artisti e registi:
possiamo creare bellezza dal dolore, vincere il dolore e questo risuona oltre noi stessi,
trasforma chi e ciò che ci circonda: noi siamo testimoni che questo è possibile ed è reale.
Dai Danziamo!”
[1]Fra tutte le attività svolte per interrogare le procedure la collaborazione nell’audioguida:
You are but you are not, audioguida, 2017 , Un’audioguida sul tema dei confini e dell’ospitalità
per la città di Bolzano, di Kolar Aparna e Beatrice Catanzaro, Testo di Elena Pugliese,
un progetto di Lungomare , https://www.lungomare.org/youarebutyouarenot/index.html
[2]Ten years after the Yazidi genocide: UN Syria Commission of Inquiry calls for justice,
including accountability and effective remedies, for ISIL crimes, OHCHR, 3 August 2024,
[3]Funzionari dell’UNHCR presso gli enti asilo in Italia, si rimanda fra tutti a https://www.prefettura.it/FILES/docs/1245/componenti-commissione-25-11-2015.pdf
[4]“I Dance the Way I Feel” nei Musei civici di Vicenza
Danza contemporanea per pazienti ed ex pazienti oncologici a Palazzo Chiericati,
al Museo del Risorgimento e della Resistenza e al Museo Naturalistico Archeologico , https://www.museicivicivicenza.it/it/notizie.php/281567
[5]Incontro: “I dance the way I feel…e mi sono messa a ballare”,
[6]Beatrice Catanzaro, Claudia Pretto ed Andrea Rampazzo,
What if: exploring transdisciplinary companionship in Human Rights education,
https://www.roots-routes.org/what-if-exploring-transdisciplinary-companionship-in-human-rights-education-by-beatrice-catanzaro-claudia-pretto-and-andrea-rampazzo/; https://www.ecole-ete-migration.tn/category/intervenants-2019/
[7] Pretto, “Del senso del viaggio dentro ed oltre” maggio 2023,
https://www.scritturaatuttotondo.it/2023/06/del-senso-del-viaggio-dentro-ed-oltre-claudia-pretto/
[8]Presentazione del libro “ Del senso del viaggio dentro ed oltre” di Claudia Pretto,
da un’idea di Marco Casoli e Claudia Pretto, in collaborazione con
l’associazione e20 danza e il Comune di Montecchio Maggiore :
[9]A tu per tu con Noemi https://www.tucancroiodonna.it/a-tu-per-tu-con-noemi/
[10]Associazione Amici del Quinto Piano , https://www.amicidelquintopiano.it/
[11]L’ultimo ballo di Noemi. «La sua lotta al tumore un esempio di coraggio,
I dance the way I feel , https://www.amicidelquintopiano.it/progetti/i-dance-the-way-i-feel/ ;
L’addio a Noemi Meneguzzo: arte e danza per combattere la malattia,
[12]Una pratica artistica che promuove la danza in spazi museali, contesti artistici,
si rivolge principalmente, ma non esclusivamente, a persone che vivono con il Parkinson, https://dancewell.eu/it/
[13] “Noemi” cortometraggio, regia di Luca Rigon, www.tucancroiodonna.it/video/noemi ,
Cortometraggio vincitore del II premio al concorso nazionale AIOM 2016
[14]“…e mi sono messa a ballare” progetto di Noemi Meneguzzo, https://www.cislvicenza.it/it/news/altre-news/altre-news/e-mi-sono-messa-a-ballare-progetto-di-noemi-meneguzzo
Brevi biografie degli autori
Lucia Gaviani, con una meravigliosa capacità di creare legami artistici
anche con altre arti come il teatro e la musica, coordina,
prima con Noemi Meneguzzo e ora in memoria di Noemi, il progetto ideato da Noemi Meneguzzo:
“I dance the way I feel”, nato sotto la direzione dei danzatori insegnanti
Michela Negro e Simone Baldo( di e20 danza) , che unisce la danza contemporanea e il Qi Gong .
Le classi si svolgono spesso nel contesto di Palazzo Chiericati a Vicenza.
Un progetto per le persone che le porta a vivere come creatori di bellezza.
Ogni sabato mattina la galleria d’arte di Vicenza
si accende della gioia di persone che danzano oltre la malattia.
In un flusso di gioia, creano e condividono la vera bellezza e la tangibile dignità umana
(cfr https://www.tcvi.it/site/assets/files/28300/simposio_2022.pdf ;
https://giornaledelladanza.com/danza-in-rete-festival-vicenza).
Beatrice Catanzaro è un’artista, ricercatrice e docente universitaria.
Ha conseguito un dottorato di presso la Oxford Brookes University con la Social Sculpture Research Unit .
Beatrice è cofondatrice dell’impresa sociale Bait al Karama a Nablus, in Palestina (www.baitalkarama.org ).
È docente presso la Nuova Accademia di Belle Arti NABA.
La sua pratica mette in discussione le strutture sociali egemoniche attraverso l’immaginario collettivo,
i processi dialogici e le collaborazioni transdisciplinari.
Il suo lavoro è stato esposto al MART di Rovereto, alla Fundação Gulbenkian di Lisbona,
all’Espai d’Art Contemporani di Castellón e alla Quadriennale di Roma.
Claudia Pretto è ricercatrice, giurista e formatrice in materia di diritti umani .
Ha conseguito un dottorato di ricerca in Diritto costituzionale comparato.
Ha lavorato come funzionario delle Nazioni Unite e successivamente come esperta
per diverse organizzazioni a livello internazionale ed europeo.
Claudia è impegnata in casi e ricerche per garantire
l’effettiva protezione delle persone più vulnerabili.
Lavora come esperta di diritti umani in gruppi multidisciplinari
cercando di interrogare l’effettività dei diritti umani e della dignità umana,
non solo sul piano giuridico,
ma anche attraverso pratiche come la danza e la poesia,
condividendo queste pratiche con artisti visivi, artisti contemporanei,
geografi umani e danzatori.